Post lungo. Ma visto che ormai posto ogni morte di papa potete anche permettervi di leggerlo a rate.
Doverosa premessa: non seguo Concita De Gregorio, non ho mai letto un suo articolo, a pelle non mi piace. Adesso ha scritto questo articolo qui.
Il valore di un selfie
Allora dunque ci sono questi cretini integrali, decerebrati assoluti che in un tempo non così remotosarebbero stati alle differenziali, seguiti da un insegnante di sostegno che diceva loro vieni tesoro, sillabiamo insieme, pulisciti però prima la bocca. Ecco ci sono questi deficienti, nel senso che letteralmente hanno un deficit cognitivo – non è mica colpa loro, ce l’hanno – e che però pur essendo idioti hanno probabilmente centinaia o migliaia di followers, non ho controllato ma non importa, è assolutamente possibile che siano idoli della comunità.
Sono influencer, leggo nelle cronache. Insomma ci sono questi influencer, gente che influenza e orienta i comportamenti di altra gente, che per farsi un selfie nel Varesotto, a Viggiù, hanno distrutto una statua ottocentesca. Ma non importano l’epoca né il valore commerciale: poteva essere un Michelangelo, uno Jago. Hanno distrutto un’opera d’arte perché dovevano farsi una foto da postare sui social. C’è il video, prova suprema. Ridono. Probabilmente non succederà niente: i genitori premurosi ripagheranno il danno, o i nonni.
Editorialisti, vi prego. Direttori di giornali e di reti tv, vi supplico. Commissionate alle migliori menti del nostro tempo, filosofi scienziati celebrità pensanti, piccoli monologhi da frazionare su TikTok che spieghino che esistiamo anche se non ci fotografiamo. Come si fa a riavvolgere il nastro di questo delirio: questo sì che è un tema epocale, altro che Pnrr. Genitori: puniteli. Toglietegli le chiavi di casa, negategli la ricarica della prepagata e se guadagnano più di voi e per questo vi intimidiscono, suscitano il vostro rispetto: riprendetevi, toglietegli il sorriso. Io non lo so come si fa, ma si deve. (Qui)
L’ho letto dopo avere visto il bordello scatenato dall’Oca Signorina che sostiene di non poterlo neppure commentare, e dopo averlo letto mi sono chiesta: che cos’ha questo articolo che non va? Poi l’ho trovato nelle centinaia di commenti: ha chiamato decerebrati e deficienti i vandali decerebrati e deficienti, insultando in questo modo tutti i disabili del mondo. Ho scelto dal mucchio una manciatina di commenti.
a volte succede. Le cure contro il cancro possono avere effetti neurotossici e possono destabilizzare una persona. Lo so per certo. Non ho letto il suo articolo e non so nemmeno di che parla.
no ha rivelato quello che è nel profondo. Una che nonostante abbia passato prove importanti e dolorose nella vita e abbia tanto studiato è una persona abilista nel modo peggiore.
bravaaaaa! Ma di che si parla!? Spiegate
Me la ricordo alla reception dell’hotel Lingotto che faceva compulsivamente incetta di caramelle alla frutta. Ero imbarazzato per lei.
Volevo ridere come con Elkan, ma mi sono ghiacciata leggendo.
Si va dunque – insieme all’ammucchiata di delirio vomito merda e affini, da quella che nell’estate più calda dal precambriano è riuscita a ghiacciarsi a quello che racconta un episodio che niente ha a che fare col tema e che per non si sa quale bizzarro motivo si imbarazza per lei, allo sciacallaggio sul cancro al seno (fra i peggiori, perché spesso nasce già con le metastasi), a quella che approva incondizionatamente la posizione dell’Oca senza avere, dichiaratamente, la più pallida idea di che cosa si stia parlando, all’accusa di essere abilista. Io finora conoscevo fascista razzista specista e sessista, questa mi mancava. Andando a naso comunque immagino che, come il razzista è uno che vede razze inferiori e le sfrutta e discrimina, l’abilista sia qualcuno che si accorge che ci sono persone a cui manca qualche abilità e le discrimina, impedendo per esempio, per pura crudeltà, a un nano di entrare nella Nazionale di pallacanestro, a un emofilico di donare il sangue, a un tetraplegico di partecipare alla maratona, a un muto di andare a Sanremo e a un ritardato di diventare ministro e fare leggi – ah no, scusate, quello lo possono fare, come non detto.
Se però siete delusi per l’incapacità della Signorina di commentare, rallegratevi, perché il giorno dopo è riuscita a trovare lo spirito giusto per dare da par suo una severa lezione alla signora Concita, state a sentire.
Il riferimento alle classi differenziali e al lavoro encomiabile, non certo per la giornalista, degli insegnanti di sostegno proprio non si può accettare… Due, tre frasi che con un colpo metaforico di spugna, minimizzano anni e anni di fatica, grondante “lacrime e sangue”, per l’inclusione… [non sono meravigliose quella lacrime e sangue? Non state palpitando di emozione? Mancava solo il sudore e raggiungeva Churchill.
Conchite che si indignano per cose che non esistono. Al di là del vergognoso articolo in cui si equiparava la maleducazione e l’ignoranza alla disabilità, quello che è ridicolo nello scritto della de Gregorio è l’enorme ignoranza sua su chi sia e cosa faccia un influencer. Conci’, ascoltami: gli “influencer” non esistono [quindi non esiste neanche la Ferragni?! Gaudeamus igitur!]. Sul web e sui social esistono centinaia di migliaia di persone (di tutte le età e di ogni tipo) che in realtà fanno un lavoro che si chiama “Content creator”, cioè creatore di contenuti. Girano video, scrivono post, tengono blog trattando di argomenti diversissimi fra loro. C’è chi gioca ai videogiochi, chi parla di film o serie tv, di libri, chi suggerisce itinerari di viaggi, ristoranti, parla di storia, grammatica, make-up. Ci sono quellə che cucinano, mangiano, suggeriscono abiti da comprare, parlano di diete o di ambiente, di musei, o di candele profumate. Ognuno [hai dimenticato la schwa] si occupa dell’argomento e dell’attività che più gli [hai dimenticato la schwa] interessa, dà suggerimenti, fa recensioni. Alcuni [hai dimenticato la schwa] raccontano anche semplicemente la loro vita, il loro lavoro, la loro azienda. Molti [hai dimenticato la schwa] campano decorosamente, e alcuni [hai dimenticato la schwa] bene, grazie ai loro contenuti: hanno accordi e contratti con aziende, fanno pubblicità, sono testimonial per prodotti e un punto di riferimento per il loro pubblico. Fra tutti [hai dimenticato la schwa] costoro ce ne sono, come capita in tutti i lavori, di bravi [hai dimenticato la schwa, di così così, di pessimi [hai dimenticato la schwa. Alcuni [hai dimenticato la schwa] trattano di argomenti seri, altri [hai dimenticato la schwa] di argomenti futili. Come fra i giornalisti [hai dimenticato la schwa]. Alcuni [hai dimenticato la schwa] Content creator sono pessimi [hai dimenticato la schwa, per carità, capita pure che abbiano molto seguito, ma capita anche fra i giornalisti [hai dimenticato la schwa] e in qualsiasi attività umana [sì, lo sappiamo, anche fra i blogger, i feisbucchisti e gli scrittori, o sedicenti tali].
Quelli [hai dimenticato la schwa] che hanno molto seguito, certo, un tempo venivano chiamati [hai dimenticato la schwa] influencer [ma ora non più! Solo i retrogradi li chiamano così, esattamente come parlano di asilo elementari e medie e alla povera Signorina tocca continuamente correggere scuola d’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria. Ecco perché al mondo le cose vanno così male]. Ma ti svelo un segreto: il seguito non dice automaticamente nulla sulle loro qualità: unə può avere milioni di follower ed essere intelligente e un altrə può avere qualche decina di persone che lə seguono ed essere per giunta cretinə [e chissà come mai non presenta anche l’ipotesi contraria. Sarà mica perché lei di “follower” ne ha un sacco?].
Quindi, oltre a non offendere le persone con disabilità a cavolo, impara, perché è il tuo mestiere saper usare le parole giuste quando scrivi [medice, cura te ipsum!], che i [hai dimenticato la schwa] Content creator sono lavoratori [hai dimenticato la schwa] diversi [hai dimenticato la schwa] fra loro, e ormai sono dei professionisti [hai dimenticato la schwa] nella maggioranza dei casi, e che descriverli [hai dimenticato la schwa] come una massa di imbecillə che sanno solo farsi dei selfie sui social vuol dire non aver capito nulla del mondo del lavoro sul web degli ultimi dieci anni. Il che è grave, se sei una professionista dell’informazione che queste cose dovrebbe conoscerle, eh [eh. Figuriamoci se poteva mancare il eh: praticamente la sua coperta di Linus].
E anche qui inserisco una breve scelta di commenti
Credo che la giornalista di cui si parla sia la perfetta descrizione della generazione boomer di cui fa parte a tutti gli effetti. Non comprende i meccanismi dei (non più) nuovi media. Che sorpresa scoprire le connessioni delle cose che “non c’entrano niente”.
La Conchi è troppo boeme
La Signora De Gregorio si dimostra la boomer che è
Detto in termini politically incorrect, la De Gregorio è vecchia (ageismo?) e di conseguenza svampita, rintronata, rimbambita (e con l’abilismo come la mettiamo?)
È la nuova Soncini ormai
Io spero che qualcuno un giorno lo dica a me: non potrei immaginare un complimento più sublime. Ma la Soncini non è per tutti, si sa.
Non so nulla di cosa abbia combinato Concita, ma il tuo pezzo è inappuntabile.
Questo lo candidiamo al Pulitzer.
“Giorgia Meloni è un campione, è una fuoriclasse in senso letterale – È un fenomeno”
Concita de Gregorio.
Direi che basti a capire il livello.
Sì, a capire il tuo livello basta e avanza.
Mi ha davvero stupita il suo abilismo, più che il resto
Poverina è come quelli che usano a sproposito dawn ed andicappato… poracci!
Ehm…
Della sua ignoranza del mestiere di influencer mi interessa poco, è il suo ostentato abilismo che mi provoca raccapriccio.
Ariehm…
E ora godetevi questo articolo del Riformista.
Lo ha scritto Concita e tutto va bene: fenomenologia di un articolo abilista
Storia di Alessio De Giorgi [Storia? Come le stories di Lady aigaaaiis?] Sessismo, abilismo, omofobia, transfobia, antisemitismo, islamofobia, body shaming… questo è un elenco non esaustivo (sia mai che dimenticarne qualcuno porti al mio deferimento al Tribunale dell’Intolleranza) delle tante sfaccettature dell’odio di questo inizio di secolo. L’odio permea i luoghi di studio e di lavoro e la nostra presenza online e la stigmatizzazione di queste vere e proprie malattie [no un momento, fammi capire: il sessismo è una malattia? Il body shaming è una malattia? Se dico che una persona col cazzo non è una donna sono una malata (psicopatica, suppongo) da curare?] – alla base di altrettante discriminazioni ed esclusioni sociali – viene fatta in una società che a volte rischia di fare l’errore opposto, cioè di rendere imperatore delle nostre discussioni, della nostra vita sociale il politicamente corretto, creando un mondo ovattato dove al vero si preferisca l’opportuno, la critica venga etichettata come discriminazione, il pensiero non allineato (o non polarizzato) venga crocefisso sull’altare del pensiero unico.
Ma il problema c’è. Esagerazioni a parte, è vero che è utile per tutti creare un luogo dove le differenze siano ricchezza, le parole violente vengano emarginate, le espressioni offensive mandate in pensione. E’ questione, banalissima, di civiltà [no: è questione di intolleranza del dissenso, di incapacità di accettare un confronto]. Di stare bene insieme, come società, come scuola, come azienda, come famiglia. Con il buon senso di evitare esagerazioni al contrario.
Capita poi che la censura – spesso giusta, dovuta, necessaria [COOOOOSAAAAAA???????] – arrivi però a senso alternato. In alcuni casi sì, in altri no.
Capita ad esempio che un giornalista, Filippo Facci, scriva un articolo decisamente inopportuno di commento alla vicenda che vede indagato il figlio del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, e quell’articolo gli costi la trasmissione Rai che gli sarebbe stata assegnata. Capita che un giornalista, Alain Elkann, scriva sul quotidiano di proprietà della sua famiglia un articolo elitario ed intollerante di commento ad un lungo viaggio in treno insieme ad una banda di “lanzichenecchi”, esuberanti e non eruditi giovani ed in tal caso è il comitato di redazione a prendere radicalmente le distanze [cioè prendere le distanze è la stessa cosa che licenziare?]. Capita ancora che due giornalisti sportivi facciano in diretta pubblica televisiva pesanti commenti sessisti su una loro collega [sulle atlete: informarsi sulle cose che si vogliono scrivere pareva brutto?] e giustamente – questa era la mia opinione, scritta su questo giornale – vengono sospesi dal loro canale.
Capita infine che Concita De Gregorio, una giornalista estremamente nota ed apprezzata, apprezzatissima esponente di quella sinistra radical chic che del “politicamente corretto” ha fatto una religione assoluta, incappi nel commento a quella storiella estiva [atto di vandalismo: il fatto che questo signore chiami storiella un atto di vandalismo su un bene altrui direi che la dice piuttosto lunga sul soggetto] che viene da Viggiù, dove alcuni influencer [occhio che se ti legge la logorrea ti fulmina] per farsi un selfie hanno distrutto una statua di un qualche pregio [di un qualche pregio. E qui c’è proprio tutto: sufficienza, disprezzo, arroganza, cinismo]. E capita che nel criticarli usi espressione ben oltre il limite dell’accettabile [chi lo stabilisce il limite dell’accettabile?]: i ragazzi sono “decerebrati assoluti che in un tempo non così remoto sarebbero stati alle differenziali, seguiti da un insegnante di sostegno che diceva loro vieni tesoro, sillabiamo insieme, pulisciti però prima labocca“. E’ abilismo, è oggettivo che è abilismo, non v’è dubbio alcuno [gran brutta cosa non avere dubbi. Non ne aveva Hitler. Non ne aveva Stalin. Non ne aveva Pol Pot. Non ne aveva Bokassa. Non ne aveva Idi Amin Dada…].
Avete letto una nota del comitato di redazione di Repubblica, il quotidiano dove l’articolo è stato pubblicato? Qualche pubblica esecrazione? Qualche vate della sinistra radical chic urlare allo scandalo? Noi no. Abbiamo sì letto tante lettere di associazioni, tanti commenti sui social network, qualche blog che se ne è occupato. Ed abbiamo noi per primi registrato le giustissime prese di posizione di Lisa Noja e di Davide Faraone. Ma nulla più.
Perché? Perché lo ha scritto Concita. E tutto va bene.
Perché evidentemente la religione del politicamente corretto – che se non è religione, se non diventa dittatura, se è applicata col buon senso a noi va più che bene [a voi chi? A voi teste di cazzo?] – è a corrente alternata. E Concita, no, Concita non si può toccare. (Qui)
Nessuno la tocca, nessuno ne parla. Un paio di titoli a caso.
http://www.Informazione.it: No, De Gregorio, non è il contesto che è morto, è il suo abilismo che è vivo e vegeto
mowmag.com: L’abilismo di Concita De Gregorio e l’arroganza delle “stupide intelligenze” dei “nonradical parvenu”
informareunh.com: Da Concita De Gregorio, su «la Repubblica», un formidabile esempio di abilismo
ilfattoquotidiano.it: Concita De Gregorio insulta le persone disabili. E le sue “scuse” dimostrano che non l’ha capito
Peccato solo che si sia poi scusata, perdendo così tutto il credito che aveva acquistato.
Aggiungo due parole sulle differenziali. Erano quelle scuole in cui a persone oggettivamente impossibilitate a seguire un normale programma veniva messo a disposizione un programma su misura, oltre a persone specializzate, in modo che potesse emergere quel poco che erano in grado di rendere, senza subire la frustrazione del confronto con quelli normali che imparavano mentre loro invece no. Poi le hanno disgraziatamente eliminate: discriminatorie. Offensive. Avvilenti. Poi a un certo punto hanno dovuto creare le “classi integrate” con l’insegnante di sostegno perché si sono accorti che anche se non esistevano più le differenziali, i differenti continuavano a esistere lo stesso, e a seguire le lezioni normali non ce la facevano. E poi sono state create le lezioni “per fasce di livello”: a un gruppo fai risolvere le equazioni a due incognite e a un altro “La mamma va al mercato e compera due chili di mele. Un chilo di mele costa €1,50. Quanto spende?” E questo invece non è né discriminatorio, né offensivo. né avvilente.
Tornando ancora un momento all’Oca Signorina, ha avuto il coraggio di postare questa foto
informando che in quel vestito ci entra ancora: e c’è davvero da vantarsi del fatto di non essere diventata ancora più lardosa di così. Aggiungendo poi, con ineguagliabile cinismo:
Purtroppo Mario Guaraní Galzigna non c’è più a farci compagnia, ma con Lisa Orlandi e Maddalena Mapelli dobbiamo assolutamente riuscire a rivederci. A presto, in qualche modo, ragazze inossidabili!
Non c’è niente da fare, i sinistri non si smentiscono mai.
barbara